lunedì 29 novembre 2010

Dice che a Via Veneto c'è una cripta fatta de teschi

Ogni volta che qualche cugino di terzo grado della sorella di un amico di qualche attore Americano mette piede a Roma e viene fotografato in un qualsiasi ristorante del centro, puntualmente le cronache mondane gridano ai rinnovati fasti della dolce vita. E' come una perdita di cui noi Romani non riusciamo a farci una ragione, un cadavere che tentiamo di resuscitare goffamente da circa mezzo secolo senza alcun risultato. La dolce vita è finita, defunta, sparita e lo tocchiamo con mano in quel meraviglioso decadimento di Via Veneto tra pretenziosi bar fuori moda, ambigui locali  popolati di attempate puttane di alto bordo e papponi Sovietici, e vecchie foto di Mastroianni ostentate alle pareti di ristoranti, dove turisti in bermuda si illudono di vivere in un film di Fellini pagando a caro prezzo il peggio della cucina Italiana. Devo comunque ammettere che personalmente sono molto affascinato da tutto questo. Percorrete dunque questa celebre strada partendo da Villa Borghese, lasciatevi impadronire da quella sottile malinconia di un "tempo andato che non torna" e arrivati all'altezza di Piazza Barberini sarete pronti per la visita ad uno dei più macabri monumenti della nostra città: la cripta dei Cappuccini sotto la chiesa di Nostra Signora della Concezione.  

Il senso di questo luogo si riassume nella frase che troneggia all'interno: "noi eravamo quello che voi siete e quello che siamo voi sarete". Una frase che ci riporta alla precarietà della nostra vita terrena, al passare del tempo e alla serena accettazione di un ciclo che finisce. Verrebbe quasi da pensare che anche i cappuccini di Via Veneto  si fossero strarotti le palle della tanto compianta dolce vita. Una volta scesi all'interno vi accorgerete che lo sfarzo e l'eccesso a Via Veneto esistono ancora, solo un po più in basso di quanto potevate immaginare e con un estetica decisamente più kitsch. Le ossa di circa 3700 frati cappuccini, traslate dal vicino cimitero anticamente situato nei pressi del Quirinale, sono state infatti utilizzate per comporre la decorazione di cinque piccole cappelle. Un trionfo del rococò in cui rosoni, stelle, lesene, lampadari e persino un orologio sono minuziosamente assemblati con tibie, femori, bacini e teschi. Un piccolo corridoio vi condurrà attraverso le cinque cappelle che prendono il nome dalle ossa utilizzate per il decoro, dove frati mummificati ancora vestiti del loro saio vi daranno il benvenuto nei loro "salotti" sfarzosamente decorati.
La chiesa venne edificata per volontà di Papa Urbano VIII in onore di suo fratello Antonio Barberini appartenente all'ordine dei Cappuccini. I tre piccoli scheletri presenti nella cripta sono proprio i pronipoti di Urbano VIII, ma la vera protagonista è la principessa Barberini, il cui scheletro incombe dall'alto sorreggendo nella mano destra una falce, simbolo della morte, e nella sinistra una bilancia, a rappresentare l'eterno giudizio di Dio nella valutazione delle opere buone e cattive. 
La diva Felliniana e la principessa Barberini, la vacuità della dolce vita e il destino ineluttabile della morte.



Nella cappella dei teschi campeggia una clessidra alata con delle scapole: il tempo passa, anzi vola. Soprattutto per quelle dive che dal tempo sono terrorizzate. E se tornando indietro guarderete ancora quelle vecchie foto di Sofia Loren, Mastroianni e Anita Ekberg dietro i banconi dei bar, comprenderete il paradosso di questa celebre strada dove la vita e la morte sono due facce della stessa medaglia. Ma soprattutto comprenderete che è ora di toccarsi le palle e andarsi a fare un aperitivo.  
Se il tempo e la stagione lo consentono consiglio il cinecaffè Casina delle Rose all'interno di Villa Borghese.

La chiesa di Nostra Signora della Concezione è in Via Veneto 27 e la cripta è visitabile dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00 (giovedì chiuso).

Dice che S.Stefano è un sacco pulp


La prima vera chicca di cui vi parlo oggi è la basilica di santo Stefano Rotondo. In pochi la conoscono nonostante sia una delle più particolari e affascinanti basiliche della città.
Per quale ragione dovremmo abbandonare i nostri amici gladiatori giù al Colosseo e trascinarci fino alle vette del Celio? Di motivi ce ne sono diversi. Il primo è che si tratta di uno dei pochissimi esempi di basilica cristiana a pianta circolare. Ed è sicuramente tra le più antiche. La base originaria, che risale al V secolo d.c., quando la basilica fu consacrata da Papa Simplicio in onore del protomartire Stefano, era strutturata in tre anelli concentrici separati da relativi colonnati.


Questa prima informazione ci offre già un ottimo spunto per farci belli e colpire il nostro interlocutore con temi legati al mistero e ai templari ( si sa che i templari vanno un sacco di moda e riusciremmo a trovarne tracce e suggestioni anche nella ricetta del mojito, di moda a sua volta quasi quanto i templari...ma non divaghiamo) dandoci modo di iniziare a delirare sul tema della cosiddetta “triplice cinta”. La triplice cinta è un simbolo molto antico (di cui torneremo a parlare) che ritroviamo inciso e rappresentato un pò ovunque nell'antichità,  e che consiste in tre quadrati concentrici collegati da linee centrali a mò di croce. Lo schema del filetto per intenderci.
Questa struttura ci riporta ad un affascinante simbolismo (i 3 livelli della conoscenza, i tre gradi di iniziazione della tradizione esoterica, i “tre mondi” della tradizione hindu) legato quindi alla numerologia e conseguentemente rapportato alla struttura architettonica di antiche e leggendarie città: dalle antichissime città Celtiche, dove abbiamo una triplice cerchia druidica di mura, ad Atlantide, e ancora alla stessa Gerusalemme Celeste mostrata da un improvvisato Dio architetto a Mosè in quel del Sinai. Se poi ci mettiamo in mezzo anche il tempio di Salomone ecco quindi ricollegata la concezione della pianta originaria della basilica a queste misteriose simbologie architettoniche.
Le proporzioni della struttura ricalcano inoltre con esattezza quelle della più famosa basilica dell’Anastasis a Gerusalemme (il Santo Sepolcro).


Putroppo, in seguito ai numerosissimi rifacimenti che si sono succeduti nel corso dei secoli, l’anello più esterno è stato eliminato e  il relativo colonnato che separava i due anelli risulta murato all’interno di quella che oggi ci appare come la parete perimetrale.
Mi dilungo ancora sulla pallosissima questione della pianta originaria solo per introdurre uno degli ambienti più interessanti di questa basilica. La pianta circolare era infatti originariamente intersecata da quattro navate a croce greca, di cui rimane visibile un' unica abside che, sporgendo esternamente alla struttura circolare, va a formare la cappella dove sono custoditi i resti dei martiri Primo e Feliciano.
Consiglio quindi di iniziare la visita da questa cappella, all'interno della quale un suggestivo mosaico in stile Bizantino vi offrirà una singolare e alquanto rara rappresentazione di Cristo raffigurato in un medaglione che sormonta una croce, dove una volta tanto (ed egli sembra convenire con noi nella sua espressione serena e soddisfatta) eviterete di ritrovarcelo inchiodato. Una bellissima immagine che secondo i dettami di un' antica iconografia decisamente più soft, di cui si trovano pochissimi esempi, evitava di turbare e impressionare il fedele con rappresentazioni crude e sanguinolente.

Quando finalmente rasserenati da questa immagine rassicurante, andrete ad ammirare  il ciclo di affreschi che decorano il perimetro della chiesa, ecco che invece rimpiangerete i sette capitoli di “the saw” e i ventisette Venerdì 13 che vi siete sparati durante l'ultima maratona di Halloween, nel momento in cui vi troverete di fronte ad una sequenza impressionante di supplizi, sventramenti e amputazioni che non vi risparmieranno certo i particolari sulle torture subite dai vari martiri nel corso delle persecuzioni.


Non vi sembra quindi un bel contrasto? In realtà questo ciclo di affreschi venne realizzato dal Pomarancio in uno degli ultimi rifacimenti della basilica durante il periodo della controriforma, quando spaventare i fedeli era diventato consuetudine e necessità nel momento in cui nuove ideologie, come il protestantesimo, cominciavano a farsi strada nella chiesa. La successione temporale degli affreschi rispetto al mosaico spiega quindi la connivenza di questi due estremi rappresentativi, che nel loro forte contrasto rendono estremamente curiosa e interessante la visita della basilica.
In ogni caso vi invito ad approfondire da soli la storia di questo luogo sorto sui resti di un antico mitreo Romano e le varie ipotesi sul suo legame con la basilica del Santo Sepolcro. Qui mi basta avervi incuriosito su quello che potrete spacciare come la chiesa più pulp della città, dove ignare coppiette vanno a sposarsi e a battezzare innocenti fanciulli circondate da questo orrore sanguinolento.

La basilica si trova al Celio in via S. Stefano Rotondo 7 e si può visitare dal martedì al sabato la mattina fino alle 12:30 e il pomeriggio dalle 15:00 alle 17:00 (18:00 l’estate).

Dopodichè vi invito allo svacco più assoluto in quel di Villa Celimontana giusto di fronte.






Dice che Roma è la città più bella del mondo

Mi sembra giusto cominciare da una banalità: una banalità che è la base di partenza, il titolo del mio primo post e la ragion d'essere di questo blog. Insomma mi sto dando la zappa sui piedi da solo.
Bella Piazza di Spagna, er cuppolone, piazza Navona, Piazza Bologna (?!), fontana di Trevi, "Marcello come here", il cappuccino a tutte le ore e a 5 euro perchè dottò c'è il servizio al tavolo e mortacci tua aggiungerei io.
Insomma la Roma turistica.
Ma noi Romani coi nostri begli occhiali da sole a fascia, che ci aggiriamo su vespe modificate elargendo "abbbellaaa" a destra e manca, così come ci vede Julia Roberts e compagnia bella, di tutto questo ci siamo onestamente anche un pò rotti le palle.
E se proprio non vogliamo arrivare all'estremo stereotipato di chi ci vede e immagina dall'esterno con lo sguardo del turista in canottiera e sandaletti anche a Marzo sotto una pioggia torrenziale, basti pensare agli stessi Romani che smadonnano per il traffico e non sono mai entrati ai Musei Vaticani perchè tanto ce l'hanno sotto casa da una vita e prima o poi ci andranno (tra parentesi io col cazzo che ci vado a fare 3 kilometri di fila rasomura).
Insomma tra la Roma turistica dei menu fissi e dei gladiatori rumeni sotto al colosseo, e quella odiata e snobbata da noi stessi Romani per i soliti difetti, esiste veramente (e posso provarlo!) la città più bella del mondo.
La città che non finisci mai di scoprire, quella che non ti aspetti, che si nasconde volontariamente agli occhi di tutti e attende solo di essere conosciuta, apprezzata, mangiata, bevuta e per noi che siamo sempre un pò "sboroni", anche sopravvalutata.
E se mi seguirete vi porterò a conoscere quei monumenti, quelle storie, quegli angoli e quelle trattorie (o gli aperitivi "do se magna de più") che vi aiuteranno a scoprire la nostra città da un punto di vista differente. Che non è quello di Julia Roberts ma nemmeno quello di "Roma è bella ma non ci vivrei" (vabbè era Venezia ma è uguale).
Perchè io da qui non mi muovo, giuro.
In una parola: fidateve!

e basta co ste vacanze Romane..