martedì 18 gennaio 2011

Dice che anche a casa di S.Ignazio c'è il 3D

Visto l'apprezzamento che avete mostrato per la finta cupola della chiesa di S.Ignazio di Loyola e per gli effetti prospettici della pittura di Andrea Pozzo (vedete il recente post), ho deciso di suggerirvi questa volta un'altra opera d'arte dello stesso frate-maestro della prospettiva, meno conosciuta e più nascosta, ma probabilmente ancora più sorprendente: il corridoio affrescato delle stanze di S. Ignazio.
Per ammirare questo capolavoro di prospettiva dovrete recarvi all'interno del quartier generale dei frati Gesuiti, nel palazzo adiacente alla chiesa del Gesù, e se pensate di prendervela con calma vi ricordo che il sito è visitabile solamente per due ore al giorno.

Per comprendere la visita è necessario fare una breve introduzione sulla storia di questo edificio e su Ignazio di Loyola, il padre fondatore della confraternita dei Gesuiti. Iñigo Lopez di loyola, come da suo nome di battesimo, fu in gioventù un valoroso soldato alla corte del re di Spagna. In seguito ad un incidente di battaglia si vide costretto ad una lunga convalescenza nel castello di famiglia, dove avendo a disposizione solo letture religiose e libri sulle vite dei santi, fece un overdose di letteratura sacra che lo portò all' illuminazione definitiva: sarebbe diventato pellegrino e missionario di Cristo. Mentre vi invito a fare attenzione a quello che troverete da leggere quando la prossima influenza invernale vi costringerà a casa per una eventuale convalescenza, con un breve salto narrativo vi porterò al momento in cui il giovane Iñigo si trova Parigi, dove raduna intorno a sè una piccola confraternita di fedeli, con la missione comune di partire da Venezia per Gerusalemme e adempiere così alla loro vocazione di missionari casti e puri. Purtroppo l'inconveniente di una guerra tra Venezia e i Turchi  provocò la cancellazione di tutti i voli per Gerusalemme (concedetemi l'anacronismo) e il gruppo si trovò costretto a rinunciare all'auspicato pellegrinaggio. Ignazio a quel punto, che già aveva in mente Roma come destinazione alternativa, non si lasciò scoraggiare, e proprio a legittimizzare questa seconda scelta ebbe in apparizione Cristo nei pressi della via Cassia che gli comunicò le seguenti parole: "ti sarò propizio a Roma" (mi auguro che non dobbiate arrivare a tanto per autoconvincervi dell'ineluttabilità del destino nel momento in cui cancelleranno il volo del vostro viaggio di nozze alle Barbados e sarete costretti a ripiegare su Ladispoli).
La scelta della destinazione finale divenne quindi la sede papale. Ed è proprio a Roma che venne dunque fondata nel 1537 la compagnia dei Gesuiti e costruita la casa di Ignazio, nel luogo dove sorge l'attuale edificio che andrete a visitare (la chiesa del Gesù venne edificata posteriormente). Parlo di  attuale edificio in quanto la casa originaria del santo e della confraternita, in seguito alla morte di Ignazio nel 1555, venne profondamente danneggiata da una poco "propizia" inondazione e ne fu necessaria la ricostruzione l'anno seguente con il patrocinio del Cardinale Odoardo Farnese. 
Qui troviamo una prima curiosità di carattere architettonico: le stanze dove visse Sant'Ignazio furono conservate intatte all'interno del nuovo edificio, che venne completamente ricostruito intorno ad esse secondo proporzioni decisamente più grandiose. Questo fu possibile grazie ad un complicato sistema di volte che potesse sorreggerle all'interno della nuova struttura, affinchè venissero inglobate dal successivo complesso architettonico rimanendo praticamente immutate. Per questo motivo, una volta entrati nell'edificio e dopo aver percorso il lungo corridoio e la scalinata fino all'atrio che vi introduce alle stanze, vi accorgerete di come i pavimenti delle stesse stiano molto più in alto rispetto al vostro livello e di come i soffitti siano decisamente più bassi di quelli sopra di voi.

La visita delle stanze è certamente degna di interesse, ma il motivo che vi ha portato in questo edificio, e più precisamente in cima alla scalinata è ben altro. nel 1680, quando le stanze del santo erano ormai divenute una sorta di santuario, il frate gesuita, nonchè architetto, pittore e genio della prospettiva Andrea Pozzo, decise di omaggiare la figura del santo con una sorprendente decorazione pittorica del corridoio esterno. Si dice che egli volle dipingere quelle pareti come celebrazione dell'uomo semplice che aveva vissuto in quei luoghi, ma considerata l'esuberanza e la ricchezza (stilistica e decorativa) di questo vero e proprio goiello barocco, converrete con me che sarebbe come voler dire celebrare l'umiltà di madre Teresa di Calcutta con l'ultimissima collezione autunno inverno di Cavalli. Il corridoio è un vero e proprio viaggio nella prospettiva tridimensionale, che vi chiederà del tempo prima che possiate scorgere e apprezzare ogni singolo particolare. Anche in questo caso c'è un piccolo trucco, rappresentato dal solito punto di vista privilegiato in cui gli effetti ottici troveranno la loro piena efficacia: una rosa di marmo intarsiata nel pavimento al centro del corridoio. Sarà quello il simbolo in cui dovrete sistemarvi per lasciare poi spaziare lo sguardo su ogni dettaglio, il punto esatto in cui convergono tutte le prospettive architettoniche studiate da frate Pozzo.


Divertitevi a scoprire i putti aggrappati ai cornicioni con le loro gambette paffute che sembrano penzolare nel vuoto sopra di voi, gli angeli che danno la netta impressione di voler uscire letteralmente dalle pareti e una cappella dalle straordinarie profondità alla fine del corridoio che vi accorgerete essere solo un pannello dipinto su una parete obliqua! Spostatevi dalla rosa di marmo e noterete come le travi del soffitto, prima percepite come perfettamente dritte, siano in realtà ricurve, mentre le figure che sembravano voler uscire dagli affreschi si riveleranno profondamente distorte e allungate. Tornando al punto centrale tutto si ricomporrà nuovamente nell'illusione di uno spazio infinito e vitale, il risultato di una tecnica perfetta e innovativa che continuerà a stupirvi nei vostri continui su e giù tra gli estremi del corridoio e il rosone di marmo.

In tutto questo c'è anche un piccolo mistero. I recenti restauri del 1990 hanno infatti portato alla luce due pannelli, parte integrante degli affreschi originali, che vennero mascherati con pitture successive nel XVIII e XIX secolo. In particolare venne nascosto il pannello (l'ultimo sulla sinistra) che rappresenta senza dubbio uno degli effetti prospettici più riusciti: i due angeli che sembrano correre fuori dalla parete sotto una finta finestra. Per quale motivo solamente due porzioni vennero per così dire censurate? Fortunatamente l'eccellente restauro ci permette oggi di godere di questa opera nella sua interezza e in tutta la sua genialità, regalandoci un altro piccolo tesoro nascosto in questa meravigliosa città che non mancherà certamente di sorprendervi ancora una volta.
E se troverete chiuso non disperate, sono certo che qualcuno lassù vi sarà propizio al bar!


Le stanze di Ignazio e il corridoio di Andrea Pozzo sono visitabili dal lunedì al sabato e solamente tra le 16:00 e le 18:00 (in inverno è consigliato andare quando c'è ancora luce).

domenica 9 gennaio 2011

Dice che King Kong è nato a Roma

Durante le nostre passeggiate più o meno rilassate per Roma (l’isterismo pre natalizio e l’inizio dei saldi entrano di diritto nella categoria meno) ci imbattiamo ogni giorno senza saperlo in un’infinità di cortili, pietre, portoni, fontane e iscrizioni, spesso custodi di una storia o di una vecchia leggenda popolare, che aspettano solo di poter essere raccontati per assumere così nuova luce ai nostri occhi, come piccole tessere di quell’immenso mosaico narrativo che è la nostra città. Tra un itinerario e l’altro cercherò di farvi conoscere alcune di queste storie, dandovi così gli strumenti per sfoggiare qualche aneddoto "casuale" con il vostro accompagnatore/trice di turno durante una passeggiata in centro, raccogliendone a seconda del caso un commento ammirato o il più assoluto menefreghismo. Nella seconda ipotesi vi consiglio di virare velocemente la conversazione sull’ultima puntata del grande fratello o sul prossimo lavoro di lady Gaga per tentare di riguadagnarne nuovamente la stima e l’attenzione.



La storia di oggi ci porta in via dei Portoghesi 18, e precisamente a palazzo Scapucci, dal nome della famiglia che ne fu proprietaria tra il XVI e il XVII secolo. La prima particolarità è che la torre che caratterizza il palazzo è una delle poche strutture di origine medievale che ancora si conservano nel tessuto rinascimentale di questa parte del centro, ed è conosciuta come torre dei Frangipane per nome di una potente famiglia Romana del 1200. Tale struttura preesistente venne in seguito inglobata nel palazzo rinascimentale e lì rimase, come parte della proprietà della famiglia Scapucci.
In cima alla torre avrete sicuramente già visto mille volte, sicuramente senza farci troppo caso, un curioso tabernacolo con una madonnina e un lumino sempre acceso. Ciò che probabilmente non sapevate è che alla sua origine c’è l'azione sconsiderata di una scimmia che una mattina di alcuni secoli fa decise di rapire un neonato dalla culla e di trascinarlo con se sulla sommità del palazzo.
Si racconta infatti che la famiglia Scapucci possedesse una scimmia come esotico animale domestico, la quale, in assenza dei padroni e della balia, si impadronì del bambino che dormiva ignaro nella culla e decise di arrampicarsi in cima alla torre. Se volessimo forzare un parallelismo fra L’Empire State Building e la torre dei Frangipane, l’immagine di uno scimmiotto che ghermisce la sua vittima in cima all'edificio non può che farci venire in mente il più celebre King Kong nella sua scena madre (che per onore di spettacolarizzazione cinematografica teneva tra le sue braccia la biondazza di turno). Considerato che tale storia venne riportata dal romanziere americano Nathaniel Hawthorne nei suoi “French and Italian notebooks” del 1883, non è poi così presuntuoso pensare che l’ispirazione sia nata proprio da questo episodio.In ogni caso al ritorno dalla passeggiata i genitori del bambino si ritrovarono ad assistere impietriti a questa scena, e terrorizzati dal fatto che la scimmia potesse far cadere il bambino nel vuoto, si affidarono all’ultima disperata risorsa di ogni essere umano in pericolo (dallo studente fancazzista in su): la preghiera e la promessa di voto. Il padre del bambino promise alla madonna che se tutto fosse andato liscio e il giovane rampollo ne fosse uscito illeso, avrebbe fatto costruire un tabernacolo in suo onore nel punto esatto in cui il simpatico animale si divertiva in quel momento a brandire il piccolo Scapucci. A promesse fatte la scimmia, senza scomodare divinità alcuna e al netto di interventi mariani, con un semplice fischio di richiamo del padrone, scese obbediente dal palazzo e appoggiò il neonato incolume ai piedi del padre.


Ma i voti vanno rispettati! Ed ecco così che ancora oggi possiamo ammirare questo curioso altare con una madonna adornata di una mezzaluna e una stella (i simboli della famiglia Scapucci) e un lumino sempre acceso. Il voto prevedeva infatti la promessa che anche i futuri proprietari del palazzo sarebbero stati obbligati a tenere sempre acceso il lucernario, se non avessero voluto perdere il diritto di proprietà sulla residenza. E a quanto pare, per evitare incazzature di discendenti, madonne o king kong che fossero, l'obbligo viene tuttora mantenuto con l'unica concessione del passaggio all'elettricità.
Questa storia, oltre che dal già citato Nathaniel Hawthorne, viene riportata anche nel divertente “Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma” del poeta Romanesco e commediografo Gigi Zanazzo, dove ci viene raccontato in dialetto di come la scimmia si rifugiò col bambino “proprio in cima in cima e se messe a ssede in pizzo in pizzo ar cantone de la torre. Ellì, come si fusse stata a ssede in portrona principiò a sfascià e arinfascià la cratura” (sfasciare da fasce, per chi stesse pensando ad un'azione più cruenta). Insomma una versione decisamente più scanzonata e cazzarona del drammatico racconto di Hawthorhe che, con toni apocalittici e quasi sovrannaturali, ci descrive la protagonista della storia sotto una luce decisamente più inquietante, mentre porta con se il bambino in cima alla torre "ghignando e urlando come il demonio".
E così anche voi, durante una delle vostre prossime passeggiate tra piazza Navona e il Pantheon, quando passerete per via dei Portoghesi, potrete volgervi verso quella madonnina in cima alla torre e al suo altarino sempre illuminato ed indicarla ai vostri amici come Torre della scimmia.
E prima che possano tacciarvi di blasfemia, inizierete a raccontare la curiosa storia della scimmia e del bambino.