sabato 15 ottobre 2011

Dice che a Palazzo Spada le prospettive ingannano

A pochi passi da Campo de Fiori e dalla sontuosa dimora farnesiana, arrivati in Piazza Capo di Ferro verremo accolti dalla sfarzosa facciata di Palazzo Spada, fastosamente elegante nel suo ricco impianto decorativo quanto architettonicamente ipocrita nel suo volgere le spalle agli agognati postriboli e osterie, che un tempo proliferavano lungo via Giulia. Il palazzo fu costruito nel 1540 per il Cardinale Girolamo Capodiferro, già annoverato a suo tempo fra i "Cardinali avvezzi a vivere licenziosi" in occasione di un discusso conclave in cui venne fortemente osteggiata l'elezione di Papa Marcello II, giudicato dal gaudente clero troppo rigido nelle sue velleità riformistiche. Considerando che il suddetto "riformista" tolse il disturbo per colpo apoplettico dopo soli 23 giorni di pontificato, dopo attenta analisi storica verrebbe spontaneo commentare l'episodio con un "mortacci se je l'hanno tirata". Il nome Spada deriva dall'acquisto del palazzo da parte del Cardinale Bernardino Spada, il quale divenne proprietario dell'immobile nel 1632 per la cifra di circa 30000 scudi: con questa informazione invito coloro che continuano a calcolare imperterriti il valore dei prezzi in vecchie lire ad evitare insensati ragionamenti sulla fruttuosità dell'investimento a distanza di oltre 4 secoli, tentando un improbabile cambio tra lo scudo rinascimentale e l'euro della crisi globale.

Palazzo Spada e' conosciuto principalmente per la ricca collezione di quadri ed opere d'arte accumulate nel tempo dallo stesso Bernardino, ed esposte tuttora nell'ala del palazzo da lui stesso fatta costruire come ampliamento della dimora originaria. Non essendo questa la sede per itinerari classici, abbiamo deciso di saltare l'ingresso alla celebre quadreria e partecipare alla visita speciale mensile che da la possibilità di entrare negli uffici del Consiglio di Stato, situati nel piano nobile del palazzo. Scortati e guardati a vista come carcerati durante l'ora d'aria e con il divieto assoluto di fotografare gli ambienti, saremo quindi introdotti nella dimora privata del Cardinale Capodiferro, magnifica celebrazione di arte classica e richiami pagani.

Nella prima stanza scopriremo il secondo esemplare esistente a Roma di meridiana catottrica (abbiamo visto l'altro nel corso della precedente visita al convento di Trinità dei Monti). Avendo già speso una quantità eccessiva di neuroni nello sforzo di comprendere e spiegare  il funzionamento di questo affascinante orologio a parete nel post precedente (probabilmente un limite del sottoscritto imputabile al mio personalissimo passaggio alla lettura dell'orologio a lancette solo in età adulta, e dunque con speranze nulle di riuscire ad interpretare un "astrolabio gnomonico catottrico"), preferirei passare velocemente alla sala successiva, il cui impatto visivo all'ingresso lascerà senza fiato chiunque abbia un minimo di sensibilità estetica che vada oltre il minimal. Ci troviamo nella galleria degli stucchi, mirabile capolavoro di Giulio Mazzoni, dove un'imponente decorazione a stucco fa da cornice ad una serie di affreschi, con una continuità tale da rendere l'intera galleria un'unica meravigliosa opera d'arte. La foto scattata (senza flash, ci tengo a sottolinearlo) in regime di intimidazione, rende solo vagamente l'idea della ricchezza, armonia, trionfo decorativo che investirà il visitatore lasciandolo letteralmente a bocca aperta. I soggetti degli affreschi sono in gran parte tratti dalle "metamorfosi di Ovidio", importante componimento epico della letteratura Latina in cui ricorre il tema della trasformazione di dei e mortali. Tra questi troviamo Giove, che non esita a trasformarsi in qualsiasi cosa al solo scopo di sedurre le sue vittime: da pioggia dorata con effetti ingravidanti (mito di Danae), a colleghe di sesso femminile (si trasforma nella dea Diana per sedurre la ninfa Callisto), fino ad un aquila di larghe vedute che rapisce il bellissimo giovinetto Ganimede per farne il suo "coppiere". Soggetti pagani nella dimora di un Cardinale che si tentava di giustificare attraverso una lettura morale che avesse dei risvolti cristiani: le conquiste di Giove come "abbandono al divino"...ma il divino incarna il vizio e rende tutto più confuso. E se l'importante era comunque soddisfare le velleità estetiche del Cardinale Capodiferro, alla fine chissenefrega della morale cristiana.

Dalla galleria degli stucchi in poi si entra nel cuore degli attuali uffici del Consiglio di Stato, dove tre diverse sale si susseguono tra espressione artistica (la seconda è interamente dedicata al mito di Perseo e Callisto), vecchi pc, poltrone pretenziose e pile di cartelline, documenti e ricorsi accatastati ovunque in fiduciosa  attesa che giustizia amministrativa sia fatta. Un' occasione unica per godersi Il contrasto tra la nobile sontuosità del barocco e l'atmosfera disordinata in stile Ufficio Sinistri di Fantozziana memoria. Nell'ultima sala, la cui decorazione venne commissionata dal successivo proprietario Spada, le decisioni del Consiglio di Stato vengono messe a votazione in nome della giustizia: il tutto al cospetto dell'antica statua di Pompeo ( muta testimone della congiura contro Cesare, assassinato ai piedi della statua quella celebre mattina delle Idi di Marzo), e in un ambiente "costruito" secondo illusorie prospettive di finta profondità. Un contesto di menzogne e illusioni, metafora perfetta e scoraggiante dell'attività oggi svolta in questi stessi luoghi.

All'uscita dall'appartamento ci ritroveremo nuovamente nel magnifico cortile interno del palazzo. Da li ci attende ancora un'ultima sorpresa, che già possiamo intravedere dal cortile stesso attraverso una vetrata come concessione ai non paganti, ma che non esiteremo a raggiungere di persona (solo perchè compresa nel biglietto della visita speciale) per sperimentarne da vicino la soprendente illusione ottica. Si tratta della famosa galleria prospettica del Borromini, un capolavoro di arte, architettura e matematica, dove le distanze e le dimensioni si riveleranno del tutto ingannevoli e illusorie. Una sequenza di colonne doriche si sviluppa lungo un corridoio di oltre 35 metri, che va a chiudersi con una statua di Marte a grandezza naturale: ma questa è solo l'illusione. Nella realtà il  pavimento che si inclina, i pilastri progressivamente sempre più bassi e più vicini nella distanza tra i loro intervalli, le pareti che convergono e i riquadri del pavimento via via più piccoli, riveleranno come i 38 metri percepiti siano in verità solamente 8 metri di lunghezza. Una catenella scoraggia i più curiosi ad entrare per sperimentare di persona, ma per chi come me sente più forte il complesso dell'altezza che la paura di un richiamo, scoprirsi un gigante di fronte alla statua di Marte alta in realtà non più di 60 cm, è una tentazione alla quale non si può resistere. Alla fine non siamo entrati nella quadreria, ma è proprio nel cortile interno, tra statue di dei pagani ed altre sorprendenti decorazioni a stucco, che abbiamo scoperto il più bel quadro che possa mai trovare posto in un museo. Un meraviglioso cielo romano perfettamente incorniciato tra gli architravi delle quattro pareti: l'unica opera che il Cardinale Spada non avrebbe mai potuto far mancare alla sua ricca collezione.

Gli appartamenti del Consiglio di Stato sono visitabili su prenotazione ogni prima domenica del mese, telefonando al numero 06 6832409. Il biglietto costa 11 euro e comprende la visita guidata. L'ingresso al cortile con vista sulla galleria prospettica è invece gratuito.


lunedì 3 ottobre 2011

Dice che al mercato Esquilino fai il giro del mondo in 130 banchi

Ogni volta che si parla del quartiere Esquilino, da sempre ci si divide tra i toni entusiastici di chi ci vede un eccellente laboratorio sperimentale di nuovi modelli interculturali, e quelli decisamente indignati di chi al contrario preferisce assumerlo a simbolo del degrado del nostro centro storico. Per chi come me non abita nel quartiere, e in maniera colpevolmente "naif" si limita all'esperienza superficiale del visitatore, è persino troppo facile concordare con la prima fazione, e lasciarsi catturare dal fascino di quella che rimane in ogni caso una delle zone culturalmente e sociologicamente più ricche ed interessanti della nostra città. Se poi avete voglia di avventurarvi verso mete esotiche ed inesplorate, conoscere popoli e sapori lontani, e soprattutto se vi siete svegliati con il desiderio di sperimentare ai fornelli nuove possibilità gastronomiche, ma c'è un'unica cipolla mummificata che sta morendo di solitudine nel vostro frigorifero, allora la vostra destinazione è sicuramente il nuovo Mercato Esquilino, situato a pochi passi dagli splendidi portici di Piazza Vittorio.

In seguito alla chiusura nel 2001 del vecchio mercato storico sulla piazza, la nuova struttura è stata fatta rinascere nei locali dell'ex caserma Pepe, e divide tuttora gli spazi con la facoltà di studi orientali dell'Università della Sapienza di Roma. In questa bizzarra convivenza studenti universitari e abitanti del "quartiere mondo" si incrociano nel cortile comune sotto lo sguardo benevolo della statua di Confucio, in una coesistenza apparentemente casuale e allo stesso tempo perfettamente logica, dove mettere in pratica ciò che viene insegnato nelle lezioni di lingua Cinese o Araba diventa facile come scendere a prendere un caffè nell'ora di pausa tra una lezione e l'altra.
Che ci troviamo in un mercato diverso lo percepiamo subito dall'assenza dei classici strilloni romaneschi, che normalmente fanno da colonna sonora alla nostra spesa con la loro simpatica sguaiatezza. In questo caso la nostra preoccupazione non sarà più quella di lasciarci guidare dalle grida in romanesco in cerca della migliore qualità di frutta e verdura al prezzo più conveniente, ma ben più a monte tentare di capire che cosa cazzo sia quel frutto o quella verdura lì sul banco, e soprattutto cercare di interpretare con scioltezza l'impronunciabilità dei loro nomi per poi infine riuscire ad esibirci in un disinvolto "che me dai mezzo chilo de topinambur?" (?!).

Tuberi ed ortaggi, identificabili a prima vista come l'eccentrico risultato di qualche scellerata sperimentazione genetica, si sveleranno a noi con gli esotici nomi di Ampalaya o Dasheen, e con tutta una serie di applicazioni che per noi poveri habituè dell'insalata in busta da supermercato (io in primis) rimarranno semplicemente impraticabili.
Se siete troppo timidi per chiedere lumi ai negozianti o preferite tenervi a distanza dal banco per evitare che una carpa ancora viva vi salti tra le braccia, troverete a soccorrervi in alcuni angoli del mercato delle interessantissime schede esplicative sull'origine di alcuni prodotti, con suggerimenti di ricette che vi aiuteranno a spaziare oltre i confini del "ma che è 'sto coso?". In ogni caso saranno tutti prontissimi a spiegarvi le caratteristiche e l'utilizzo dei prodotti esposti, con una disponibilità che a seconda dei livelli di cinismo potreste interpretare come l'innata cordialità di culture più accoglienti della nostra o la legge universale del commercio globalizzato (te lo spiego, così lo compri).

Imparerete così che  il Chayote del Costarica è un ortaggio a metà strada tra una patata e una zucca, mentre con il Dasheen potreste preparare un'ottima zuppa in stile Giamaicano (ma non entusiasmatevi troppo, è solo un tubero). Se nei vostri piani avete in mente una nottata di fuoco potreste far cadere la vostra scelta sul piccantissimo Rocoto Amarillo del Sudamerica, o viceversa scegliere l'amara Ampalaya per una decisamente meno eccitante serata a base di tisana come rimedio contro l'aerofagia. E così tra Platani Cubani, Okra Indiana e frutti di Litchi la vostra spesa assumerà in breve tempo e nel giro di una decina di banchi un sapore del tutto nuovo e sconosciuto.
I colori e gli odori delle spezie in bella vista vi riporteranno all'atmosfera di un autentico Suk Mediorientale, dove anche le carni sono trattate rigorosamente secondo i dettami del metodo di macellazione Halal.

E se non fosse per quelle timide isole di pizzicagnoli Romani a ricordarci dove siamo, l'illusione sarebbe perfetta, e per un pò riusciremmo persino a sentirci come quei goffi turisti occidentali a caccia di esotiche tipicità. Ed è così che contenti e sognanti usciremo con le buste piene di spezie profumate e ortaggi "un sacco strani", che una volta abbandonata l'atmosfera e l'entusiamo del momento, lasceremo marcire in compagnia della cipolla suicida in favore di un "ma sai che te dico? annamose a magnà na pizza e fanculo all' Ampalaya".
Per quelli che invece avessero voglia di sperimentare per davvero vi rimando all'indirizzo delle amiche della Banda dei Broccoli, che con ben altri livelli di preparazione mi hanno concesso la loro presenza in questa passeggiata gastronomica. Per alcuni suggerimenti speziati alla Piazza Vittorio style potete mettervi a curiosare tra le loro ricette  qui, qui oppure qui (seguite i link). Dopodichè non vi resterà che andare diretti al Mercato Esquilino per osservare, imparare, conoscere...e ovviamente fare la spesa.

Il nuovo mercato Esquilino si trova in Via Principe Amedeo ed è aperto dal lunedì al sabato dalle 7:30 alle 14:30.