lunedì 19 marzo 2012

Dice che Pasquino parla ancora...e voi votate!!

Interrompiamo momentaneamente le trasmissioni fra un itinerario e l'altro per rendere onore a Pasquino e ai bravissimi partecipanti del secondo contest (parla come magni) di "Dice che a Roma". Per chi volesse contestualizzarlo con cognizione di causa vi consiglio di rileggere il post dedicato a Pasquino, e avrete conferma di come lo spirito degli antichi "contestatori" sia stato colto in pieno da Licia, Marco, Dario e Giampiero: satira, attualita' e creativita'...oggi come un tempo.
Ai partecipanti l'onore di essere esposti ai piedi della statua di Pasquino, come testimoniato dalle foto del sottoscritto che evidentemente non aveva un cazzo da fare! (a proposito...pure la bacheca de legno c'avete levato?)
A voi l'arduo compito di scegliere la migliore votando fra i commenti la vostra preferita con il nome dell'autore (o alternativamente sulla pagina facebook di "Dice che a Roma", commentando il link del post in questione).
Il vincitore si ubriacherà di gloria imperitura e di un aperitivo per due a S.Lorenzo, soprattutto nel caso decida di spararseli entrambi da solo/a.
E adesso lasciamo la parola a loro..e a Pasquino:


DARIO
Dice che a Roma sto a cercà lavoro
tra chiese sontuose e templi d’oro,
io che son quasi laureato in Arte
perdo i miei giorni a giocà a carte.
Tanti i musei ma l’euro non c’è
e dei posti fissi mi chiedo il perché
nun ne sta uno, ma manco a progetto!
Certo sto mondo è proprio perfetto.
Se vive de passione ma anche de pane
però co’ sti ritmi sarò peggio di un cane,
mangiando la merda e guardando lontano
senza moneta e con un foglio in mano
che fa di me una mente eccellente
ma delle mie tasche un vero pezzente.

MARCO
Nell’intero stivale, da bolzano a ragusa,
echeggia spettrale l’urlo di val di susa.
nessuno capisce se la dea verità
e la vera giustezza, scevra d’ambiguità,
sia nel cuor dei no tav, valligiani incazzati,
o in quello dei tav, funzionari sdegnati.
allor io mi chiedo, con di voce un sussurro,
anzi v’imploro con parole di burro..
non è che qualcuno dei soliti noti,
di quelli che campano dei nostri bei voti,
per l’odiosa di soldi voracità,
persegue ostinato la velocità
non dei cristiani, dall’italia alla francia,
ma di formaggi e di pere destinate alla pancia?
perchè il viaggiatore da torino a lione,
e così il pendolare da corviale al mandrione,
continua a viaggiar su vetusti convogli,
mentre apatici e ostili i partiti dei brogli
sventolano impudici il legittimo appalto,
veloce cetriolo calato dall’alto?


LICIA
Ce stanno più capoccia che chiesette
drento a ‘sta città ch’è disperata;
ogni tre giorni s’arza quarcheduno
e mette su bandiera colorata
un’idea o ‘na nova coalizzione.
L’unica cosa ch’è rimasta uguale,
nei secoli trascorsi fino a adesso
è er popolo, che pe’ disperazzione
tenta ogni vorta de votà diverso,
e spera che cambianno de padrone,
tutto vada un po’ meno de traverzo.

Se siedono in portrona appena eletti
‘sta banda de ladroni patentati
e ce rimangono legati stretti
fino alla morte ben assicurati.
Ner mentre che la pora gente
fatica a mette insieme pranzo e cena,
se ingozzano i banditi e nun c’è verso
de falli lavorà, nun pijano pena.

Ma se sto popolino pecorone
s’arzasse una mattina immantinente
e je venisse er ticchio sarvognuno
de prendeli a sberloni, pe’ davero
pensate che giornata che sarebbe
pe’ Roma che ritorna libberata.
A carci ner didietro a uno a uno
li manneremo artrove pe’ fa danno,
pulimo l’aria aprenno le finestre
e speramo meno peggio er novo anno.




GIAMPIERO
Dice che so’ bravi a scrive’ li pensieri,
perché je viene facile (ce n’hanno sempre tanti)
sia de quelli stupidi, sia de quelli seri,
li scriveno per bene, tutti in fila, tutti quanti.

Dice che so bravi a smove’ le parole;
le scriveno, le storpieno, je cambieno de posto,
ne pijeno una, poi ce giocheno, pure si nun vole
…e tutto senz’affanno, senza impiccio, senza costo!

Artroché… so proprio in gamba ‘sti scrittori!
c’hanno fatto un libro co’ tutto quer cervello
un libro su de me, roba fina, pe’ntenditori…
Ma gira che te gira er risultato è sempre quello:

Fra un’introduzione, quattro foto e du’ ricordi,
…….dice che alla fine te batteno li sordi!



domenica 11 marzo 2012

Dice che è meglio andà al museo che andà in galera


Se siete a digiuno di omicidi irrisolti (con sommo sollievo delle potenziali vittime) e indugiate sempre più spesso davanti al televisore in fremente attesa del prossimo giallo da sviscerare grazie al morboso contributo di Bruno Vespa, vi consiglio nel frattempo una passeggiata al Museo Criminologico di Roma.
L'attuale allestimento di questa interessantissima e insolita collezione è ospitato nell'austero Palazzo del Gonfalone, ex carcere minorile e casa di correzione per "discoli" di buona famiglia, commissionato da Papa Leone XII nel 1827. Condannati e "reietti" di famiglia erano destinati a scontare la medesima "pena" a base di messe e lavoro (con l'esclusiva mansione di filatura della lana), con l'unica differenza che il tempo di permanenza dei secondi veniva stabilito a discrezione dei genitori in linea con le proprie necessità di tenere la vivace prole costruttivamente fuori dalle palle ( dando così  fondamento storico all'odierna e temuta minaccia genitoriale del "ti mando in collegio" ).
L'ingresso a tradimento in una sorta di comando di polizia (in questo caso penitenziaria) potrebbe suscitare automatiche reazioni di timore condizionato da coda di paglia, alternate a flashback celebrativi delle ultime sedici volte in cui vi siete recati a sporgere denuncia per la scomparsa del portafogli. Nessun timore: è solo l'entrata del museo attualmente gestito dall'amministrazione penitenziaria.

L'allestimento si snoda lungo un percorso di tre piani suddiviso per aree tematiche organizzate secondo un regolare ordine cronologico, e ci accompagna attraverso la storia della giustizia e dei sistemi penali tra documenti fotografici, autentici corpi di reato e notevoli spunti scientifico-didattici.
Questo viaggio nella storia del crimine avrà inizio nella prima sala dedicata al Medioevo, dove verremo accolti da una macabra esposizione dei più classici strumenti di tortura. E quando tra gogne e ghigliottine inizierete a sospettare contrariati di essere entrati in una deludente copia dell'ennesimo "museo delle torture" di paese, l'improvvisa scoperta di autentici cimeli intrisi di storia leggendaria invertirà la rotta dei vostri pensieri, regalandovi quella rara e appagante "emozione del vissuto" solitamente riservata alla vista di esclusivi pezzi unici.


La spada con cui venne decapitata nel 1599 la tristemente celebre Beatrice Cenci è certamente uno di questi. La storia della bella parricida, immortalata nel famoso dipinto attribuito a Guido Reni, fece immenso scalpore all'epoca dei fatti ( e certamente ne parleremo più approfonditamente in un prossimo post), secondo quel sempre attualissimo meccanismo della bella e giovane fanciulla di buona famiglia (vittima o carnefice non conta), il cui tragico destino smuove immancabilmente l'emotività collettiva, l'accanimento delle masse e, in tempi più attuali, i fatturati di Bruno Vespa e Barbara D'Urso. La storia del processo e della condanna ci sono stati tramandati con dovizia di particolari, e apprendiamo così che Papa Clemente VIII diede personalmente il suo contributo attraverso l'emanazione di un atto papale ad hoc, necessario per procedere con la tortura della giovane durante il processo; tortura che, senza tale apposito Motu papale, non sarebbe stata altrimenti ammessa per cittadini di condizione sociale elevata quali erano i Cenci. Dalle prigioni di Castel S. Angelo al patibolo il percorso fu rapido e inesorabile e si concluse per mano e per spada (proprio quella spada!) del boia Mastro Bracca. Si narra che il corpo decapitato venne portato in processione con tutti gli onori lungo via Giulia dallo stesso popolo di Roma, che dopo tanto sadico compiacimento, pianse infine l' "incolpevole" e giustificata vittima di un padre violento e brutale, facendola così passare alla storia.


La seconda celebrità ad attenderci nella sala successiva è lo storico boia romano Mastro Titta, all'anagrafe Giambattista Bugatti, le cui preziose "annotazioni" ci raccontano di una lunghissima carriera costellata di efferate esecuzioni di condanne a morte (ben 516!). Il virtuoso delle decapitazioni e degli squartamenti pubblici, che prima di mettersi all'opera indossando il suo caratteristico mantello rosso (proprio quel mantello in esposizione) si confessava e sacramentava con religiosa sollecitudine, venne messo in pensione da papa Pio IX alla veneranda età di 85 anni ( vi prego non ditelo a Monti) a fronte di una premiante corresponsione di 30 scudi mensili. Tutto intorno un interessantissimo dispiegamento di cimeli ci racconta la storia delle  Confraternite, fra tutte l'Arciconfraternita di San Giovanni decollato, dedite all'accompagnamento, al conforto e all'assistenza post-mortem in forma di preghiere di suffraggio, di tutti i condannati a morte di ogni ordine e grado.


L'esposizione continua al secondo piano, dedicato all'Ottocento, dove assisteremo al passaggio dalla concezione di pena intesa come punizione definitiva ai sistemi di detenzione con finalità "educative". Oltre a una serie di oggetti, documenti e testimonianze di vita quotidiana relativi al mondo delle colonie penali, passando per un breve excursus sulla nascita dei manicomi giudiziali, troveremo anche un interessante panoramica sugli studi di antropologia criminale dell'epoca. Il protagonista è ovviamente Cesare Lombroso e le sue fanta-scientifico teorie sulla natura delinquenziale dell'uomo, le cui tendenze criminali sarebbero letteralmente scolpite nella propria irrimediabile conformazione fisica; teorie oggi completamente sconfessate, da cui al tempo derivarono tutta una serie di correnti degenerative che facevano risalire la personalità deviante dell'essere umano ai suoi stessi tratti somatici. Prendetele dunque con una certa leggerezza ed eviterete così di denunciare il vostro pizzicagnolo di fiducia per omicidio a causa di quella sua arcata sopraccigliare sospettosamente troppo marcata.

Il terzo e ultimo piano dedicato al Novecento è infine una vera a propria "celebrazione" del crimine in tutte le sue forme (dal banditismo, allo spionaggio, passando per il gioco d'azzardo e la criminalità organizzata). Molto interessante è la sezione riservata ai delitti che fecero scalpore nel primo dopoguerra: un compendio di omicidi dall'indubbio fascino mediatico che sarebbero in grado di fornire materiale per ore e ore di dibattiti pomeridiani nei salotti televisivi tra menti illuminate e opinionisti dell'ultima ora. Tra queste anche la storia della "saponificatrice di Correggio", una tranquilla casalinga Emiliana che pensò bene di trasformare le sue amiche in saponette e pasticcini, dopo attenta dissezione e bollitura. Molto apprezzata dalla donna la riuscita di tale Virginia Cacioppo, terza vittima della disturbata signora nonchè ex cantante lirica, a proposito della quale ebbe l'ardire di riconoscere con malcelata soddisfazione che alla fine "..ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili" e "..anche i dolci furono migliori". E concluse: "quella donna era veramente dolce".

A questo punto vorrei consigliarvi una buona pasticceria in via Giulia per concludere la passeggiata, ma qualcosa mi dice che non accettereste il mio suggerimento.
Il museo Criminologico si trova in via del Gonfalone 29 ed è visitabile dal martedì al sabato dalla ore 9:00 alle 13:00 e il martedì e giovedì dalle 14:30 alle 18:30 (chiuso domenica e festivi). 






lunedì 5 marzo 2012

Dice che ai Castelli la salita va in discesa

Per il classico romano doc, la gita fuori porta per antonomasia si identifica indiscutibilmente con la scampagnata ai Castelli Romani, così denominati in virtù del loro passato di fortezze appartenenti alle antiche famiglie feudali della cosidetta "nobiltà" locale, aristocraticamente violenta, corrotta e guerrafondaia. L'aria frizzantina a due passi da Roma e le famigerate "fraschette" dispensatrici di porchetta e romanella, si combinano con gli echi di quella cronaca nera da giornaletto scandalistico, popolata di ville a luci rosse per scambisti medio-borghesi e maldestri satanisti dell'ultima ora (molto in voga negli anni Novanta), gettando una luce ambigua e vagamente sinistra su questa amena realtà ai confini della metropoli, dove i piaceri semplici e genuini si incontrano con il peccato (di gola, ma non solo) nell'immaginario collettivo del romano fanfarone. Se infine volessimo buttarla sul geologico, potrei raccontarvi di come l'intera area si sia formata in seguito al collasso dell'enorme cratere dell'antico vulcano laziale, fenomeno che in tempi estremamente remoti diede origine alla formazione di ulteriori bocche più piccole, identificabili oggi con i laghi di Nemi e di Albano ( e il suo inquietante primato di 170 metri di profondità! ). In questo guazzabuglio mitologico non poteva ovviamente mancare l'elemento misterioso che, con la sua perfetta combinazione di suggestioni paranormali, fenomeni elettromagnetici e inganni ottici, vi fornirà un eccellente argomento di conversazione per una piacevole sosta etilico-gastronomica nelle vicine fraschette di Ariccia.

Il mistero in questione riguarda il famigerato tratto di strada che, percorrendo la via dei laghi in direzione di Nemi, si distacca all'altezza del quadrivio per proseguire verso Ariccia. Per qualche oscura ragione tuttora in discussione, immediatamente dopo aver percorso una prima incontestabile discesa, ci ritroveremo a procedere lungo un tratto di salita che, in maniera del tutto sorprendente per una mente ancora sobria, si comporterà esattamente all'opposto di come dovrebbe, apparentemente contro ogni legge o principio della fisica e della forza gravitazionale. Lungo l'intero tratto qualsiasi oggetto di forma rotondeggiante, che sia un pallone o una lattina, così come il contenuto di una bottiglietta d'acqua, tenderà infatti a "scorrere" in salita, allo stesso modo in cui la vostra macchina abbandonata con la marcia in folle comincerà ad arrampicarsi lentamente verso la vetta in un rigurgito di rivalsa contro il caro benzina.Vi suggerisco di arrivare sul posto già muniti dei vostri strumenti di misurazione ed evitare così di finire come il sottoscritto a raccattare rifiuti urbani di forma vagamente cilindrica sul ciglio della strada al fine di portare a termine l'esperimento (e devo ammettere che purtroppo non mancano lattine e bottiglie abbandonate adatte al caso). A questo proposito approfitto nel ricordare ad alcuni tra i solerti "Isaac Newton" de noantri che al termine delle proprie scoperte scientifiche sarebbe il caso di riportare indietro 'ste cazzo di bottigliette vuote, per riporle successivamente in un più consono cestino dei rifiuti. Considerando inoltre che ci troviamo in un tratto di strada a scorrimento veloce,  l'invasione della corsia a fini sperimentali è caldamente sconsigliata per evitare di beccarsi, nel migliore dei casi, un vaffanculo antigravitazionale dagli automobilisti della zona.

Già a partire dagli anni Settanta si svilupparono tutta una serie di studi e ricerche su questa affascinante anomalia, e persino il celebre tuttologo nazional-popolare del tubo catodico, Nostro Signore di Quark alias Piero Angela, si scomodò a suo tempo per un servizio sulla controversa salita. Con il suo consueto, impeccabile aplomb, Il nostro Piero concluse che la storia degli effetti magnetici e di una possibile discontinuità nel campo gravitazionale, altro non fossero che una gigantesca cazzata, il tutto a favore di una più classica spiegazione che ci riportasse nei ranghi del banalissimo effetto ottico. In realtà la mancanza di riferimenti fisici che possano ragionevolmente ingannare l'occhio, il fatto che l'effetto sia percepibile in entrambe le direzioni e il sospetto che gli stessi strumenti di misurazione (come ad esempio la livella) utilizzati nel contestare le affermazioni sull'oggettività della salita, possano venire compromessi nel loro funzionamento dalle medesime anomalie oggetto dello studio, lasciano tuttora forti dubbi sulle minimizzazioni del dottor Angela.

Allo stesso modo le affascinanti teorie (per molti ufficiali) che ipotizzano anomalie magnetiche e gravitazionali, imputabili alla natura vulcanica di una zona interessata sin dai tempi più remoti da fenomeni di origine tellurica, verrebbero inficiate dal corretto funzionamento dei relativi strumenti di misurazione; primo fra tutti la cara vecchia bussola della giovane marmotta. Insomma una spiegazione che metta tutti d'accordo sembra ancora ben lontana dall'essere trovata.

Ad aggiungere ulteriore suggestione c'è l'incombente presenza dell'indecifrabile Monte Cavo, con la sua selva di antenne e ripetitori dagli effetti altrettanto dubbi. L'antico vulcano dove venne innalzato il tempio di Iuppiter Latialis (nella cui direzione ci conducono i resti dell'antica via sacra), è stato sede, in tempi più recenti, di una base militare dell'aereonautica. Si vocifera ( il classico dice che..) che la stessa fosse collegata a misteriose installazioni sotterranee, seguendo la falsariga di leggende metropolitane dai contenuti fantapolitico-militari, in cui anche le cronache di avvistamenti di UFO nella zona rientrerebbero perfettamente nel quadro. Ritornando ad argomenti di più facile discernimento e alla nostra salita, per quale motivo dovremmo necessariamente far rientrare la spiegazione entro i confini di ciò che già conosciamo? Sappiamo perfettamente come funzionano gli effetti ottici o i campi magnetici, ma se ci fosse una terza soluzione legata a forze o meccanismi che non siamo ancora in grado di comprendere? Non è forse più divertente lasciare in sospeso il mistero? Per quanto mi riguarda, la spiegazione dell'effetto ottico non mi convince ancora del tutto. Ad ogni modo, quale che sia l'origine di questa forza misteriosa, lasciate che vi spinga dolcemente e a costo zero in salita verso Ariccia, e sulle note di "ma che ce frega, ma che ce importa" approderete così nella vostra fraschetta preferita, dove ad attendervi troverete la porchetta più buona del mondo e fiumi di vino rosso. E almeno su quello, che "scenda bene" non avrete dubbi!