sabato 21 settembre 2013

Dice che Poussin si è portato il segreto nella tomba. Letteralmente.

In una Roma che può essere a ragione considerata anche capitale dei misteri, persino un semplice monumento funerario custodito all'interno di una chiesa, così come ce ne sono a centinaia, può trasformarsi in una meta affascinante alla fine di un percorso lungo secoli. Percorso intriso al tempo stesso di arte, umanesimo e improbabili congetture fantastoriche. La nostra tappa sarà la chiesa di San Lorenzo in Lucina, dove in questo caso saremo costretti a distogliere lo sguardo da tutte le sue bellezze artistiche, per concentrarci sul misteriosissimo sepolcro posto sulla destra della navata principale. Trattasi della tomba del grande artista Francese Nicolas Poussin, la cui visione potrebbe procurare un improvviso deja-vu agli appassionati di arte del Seicento, o molto più realisticamente e terra terra a tutti quegli indomiti e impenitenti spettatori del programma televisivo "Voyager". Di fronte a noi un sepolcro, un'iscrizione e un bassorilievo a rappresentare l'opera piu' celebre del nostro pittore: ET IN ARCADIA EGO! Ma da dove parte questa storia?

Nel 1625 giunge a Roma la regina Cristina di Svezia, in seguito alla sua decisione di abdicare al trono come conseguenza della sua conversione al cristianesimo. Nonostante il suo apparente fervore religioso racchiuso in questa scelta, Cristina di Svezia si rivela in breve un personaggio ambiguo e allo stesso tempo "illuminato", e ben presto il suo salotto della residenza romana di palazzo Riario inizia ad essere frequentato dal fior fiore della cultura del tempo, cultura intrisa di esoterismo ed interessi alchemici, dove l'arte e la letteratura si mescolano a dissertazioni che in tempi neanche troppo lontani erano già stati causa della combustione di più di qualcuno (vedi Giordano Bruno). Ed è proprio all'interno di questo circolo culturale che successivamente, nel 1690, viene formandosi l'idea di costituire una vera e propria accademia artistico-letteraria in onore della defunta regina: l'Accademia dell'Arcadia. Il nome Arcadia è un tributo alla regione agreste del Peloponneso in Grecia che, ispirandosi al poeta Teocrito e alle bucoliche di Virgilio, diventa scenario ideale per una poesia classicheggiante, con per protagonisti pastori lamentosi che declamano idilli d'amore sprofondati nell'incanto di un'amena campagna. Una replica a sfregio al gusto barocco dell'epoca, considerato volgare e chiassoso, ma anche un ritorno alle origini di un paganesimo imbevuto di ermetismo e filosofie esoteriche. Ed ecco allora che tra pecore e sbadigli comincia a farsi strada un elemento sotterraneo, elemento legato all'Arcadia che fa la sua prima comparsa nel celebre quadro di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, in largo anticipo sulla costituzione dell'accademia (potete ammirarlo a Roma nella galleria Barberini).


Il soggetto rappresenta due pastori che, apparentemente smarriti in una selva oscura (beccateve la citazione), si imbattono in un sepolcro dove campeggia la scritta "Et in Arcadia ego". Un teschio in primo piano e varie bestie notturne fanno da corollario al concetto mortuario che, con la violenza di uno schiaffo, si inserisce a tradimento nell'atmosfera bucolica della campagna. A lungo i "complottisti" si sono interrogati sul significato simbolico del dipinto e di questa scritta, e taluni hanno maldestramente tentato la strada di un riferimento al misterioso sepolcro della Maddalena, secondo alcune mirabolanti teorie approdata in Europa e divenuta capostipite della stirpe dei re Merovingi in Francia (per chi avesse letto il codice Da Vinci sa di cosa parlo). A convalidare la delirante teoria il presunto foro sul teschio, praticato secondo la ritualità dei Merovingi come uscita di sicurezza dell'anima in punto di morte. Ebbene il foro si rivela ad un analisi neanche troppo accurata essere niente altro che una maledettissima mosca, tra l'altro magistralmente dipinta. Una versione più accreditata traduce la scritta con "E anche io (sono) in Arcadia" o meglio, "anche io, (la morte), sono in Arcadia", ovvero "anche in questo bel posticino prima o poi stirerete le zampe", quindi godetevela o comunque non illudetevi. Insomma il classico memento mori che rovina la festa. A questo punto vi starete chiedendo cosa c'entra Poussin e il suo sepolcro. Ebbene anche Nicolas Poussin, artista francese giunto a Roma, annovera nel suo curriculum artistico ben due versioni di "et in arcadia ego", sulla stessa linea del Guercino.






Anche sul presunto significato simbolico di queste opere si e' scatenato un vero e proprio marasma di congetture che rimandano nuovamente al tema dell'esistenza di una presunta tomba di Cristo e della Maddalena in quel di Provenza, in particolare nel piccolo e inquietante villaggio di Rennes Le Château (la Twin Peaks dei Pirenei), il cui paesaggio in molti hanno voluto riconoscere sullo sfondo della seconda versione del quadro. Secondo queste ipotesi "et in Arcadia ego" sarebbe un'anagramma di " I! Tego arcana dei!", ovvero "Te ne devi annà (vabbè concedetemi una nota romanesca)! Io celo i misteri di dio". Aldila' di tutto questo circo, dal quale Dan Brown ha attinto a piene mani per il suo "codice Da Vinci", e' comunque indiscutibile la presenza di una simbologia appartenente alla tradizione esoterica. Mettendo a confronto le due versioni, noterete come nella seconda i pastori appaiano meno sgomenti, la donna, ora in abiti classicheggianti, sembra quasi rassicurare i suoi compagni, ma soprattutto la fonte di Alfeo (il personaggio di spalle in basso a destra nella prima versione, che rovescia acqua da un vaso), fonte che secondo la tradizione esoterica molto in voga nel Seicento sta a rappresentare il fiume della conoscenza segreta, risulta essere ormai esaurita! (si nota comunque la frattura del terreno dove precedentemente si nascondeva). Significa forse che il segreto e' stato ormai rivelato? E chi era il custode di questo segreto? Il fatto piu' strano e recente intorno a tutta questa storia riguarda un certo Bérenger Saunière, abate del borgo di Rennes Le Château dal 1885 e secondo una certa letteratura fantastorica presunto scopritore del mistero del Graal. Questo ambiguo personaggio manifestò un interesse ossessivo per questo dipinto, tanto da volersene procurare ad ogni costo una copia in una specie di "caccia al tesoro" che gli fruttò una ricchezza improvvisa e mai spiegata. Ad oggi possiamo ancora notare gli sconvolgenti ed inquietanti cambiamenti effettuati proprio nel suo piccolo villaggio in seguito alla presunta scoperta di tale rivelazione.

Tornando al periodo di Poussin, ecco che ad  infittire il mistero entra in scena un nuovo personaggio, Nicolas Fouquet, intendente alle finanze alla corte del Re Sole in Francia. Grazie alla presenza di un suo fratello abate a Roma, tale Louis Fouquet, Nicolas si occupava tra l'altro di reperire in Italia opere d'arte destinate alla corte di Francia. Ecco il testo di una misteriosa lettera che l'abate Louis gli inviò da Roma:
Roma, 17 aprile 1656
"Ho reso al signor Poussin la lettera che voi gli avete fatto l’onore di scrivergli… lui ed io abbiamo progettato certe cose delle quali potremmo intrattenervi a fondo tra poco e che vi doneranno, tramite il signor Poussin, dei vantaggi (se voi non vorrete disprezzarli) che i re durerebbero grande fatica ad ottenere da lui e che, dopo di lui, nessuno al mondo scoprirà nei secoli futuri; e quello che più conta, ciò sarebbe senza molte spese e potrebbe perfino tornare a profitto, e si tratta di cose da ricercare così fortemente che nulla di quanto esiste sulla terra potrà avere migliore fortuna od esservi uguale".
Lo sventurato Nicolas fece in seguito una brutta fine, incarcerato a vita dallo stesso re Luigi XIV per presunti scandali finanziari (che coincidenza, vero?), mentre il re riusci' comunque ad entrare in possesso del quadro di Poussin, che venne conservato negli appartamenti privati di Versailles fino alla fatidica rivoluzione francese (oggi e' esposto al Louvre).

Quale segreto a conoscenza di Poussin avrebbe potuto procurare questi enormi vantaggi? E soprattutto, si faceva riferimento a vantaggi materiali, o all'acquisizione di conoscenze? (non dimentichiamoci il clima culturale dell'epoca, gli interessi esoterici e soprattutto alchemici). Di sicuro Poussin era consapevole di essere il custode di una qualche conoscenza, e ce lo dichiara apertamente in un suo celebre autoritratto, dove compare sullo sfondo l'immagine di una donna che indossa un copricapo sul quale campeggia il famigerato terzo occhio, simbolo della "conoscenza esoterica". Un sapere di tipo alchemico, o un segreto ancora piu rivoluzionario, che secondo le teorie che ruotano intorno al mistero di Rennes Le Château, avrebbe potuto scardinare gli equilibri della religione occidentale?
Ebbene proprio in questa chiesa, lungo quella stessa linea d'ombra attraverso la quale l'antica meridiana dell'imperatore Augusto indicava l'ora nona, a distanza di un secolo dalla sua morte e' stato eretto il monumento funebre in onore di Poussin. Il committente fu l'allora ambasciatore di Francia a Roma, Francois Rene' de Chateaubriand, Cavaliere dell'ordine del Santo Sepolcro (e te pareva che non uscivano fuori i Templari). La traduzione dell'epitaffio latino, attribuito a Pietro Bellori, bibliotecario di Cristina di Svezia, non potrebbe essere piu' eloquente: "Trattieni il pianto sincero, in questa tomba vive Poussin, che aveva dato la vita ignorando egli stesso di morire. Qui egli tace eppure, se vuoi sentirlo parlare, è sorprendente (come) VIVE E PARLA NEI (suoi) QUADRI".
Ed ecco ancora una volta "et in Arcadia ego" e i suoi pastori, stavolta in versione di bassorilievo, a trasformare il sepolcro di Poussin in quello stesso sepolcro scovato nei boschi dell'Arcadia, probabilmente custode di quegli stessi segreti. Il mistero è ancora aperto!

Per ripercorrere i passi di questa storia potete visitare:
Palazzo Riario, con gli appartamenti della regina Cristina di Svezia
La galleria nazionale di arte antica a Palazzo Barberini, con la tela del Guercino "et in Arcadia ego"
e chiaramente la chiesa di S.Lorenzo in Lucina con il sepolcro di Poussin.